Andrea Mastrovito | This Beam in My Eye Is from the Tree I Planted |14 marzo 2024 | Wilde Gallery, Ginevra

Andrea Mastrovito, Dēmiurgòs, detail, 2024, wood inlay on tree, 305 x 50 x 53 cm Courtesy the artist and Wilde Gallery, Geneva
 
 
Andrea Mastrovito
This Beam in My Eye Is from the Tree I Planted
14.03 — 01.05.2024
Wilde Gallery, GENÈVE
 
 
Andrea Mastrovito torna a Ginevra con This Beam in My Eye Is From The Tree I Planted, la sua quinta mostra personale alla Wilde, negli spazi recentemente inaugurati in Bd Georges-Favon.
Distribuita sui due piani della galleria, la mostra presenta tre nuove tipologie di installazioni di grandi dimensioni create dall’artista per l’occasione, sperimentando nuove tecniche e materiali che interagiscono tra loro in un crescendo di elementi contrastanti e di perpetua mise en abyme, incarnando una tecnica ricorrente nella sua opera che stratifica in modo intricato narrazioni dentro narrazioni.
 
In This Beam in My Eye Is from The Tree I Planted, Andrea Mastrovito approfondisce il tema sempre più pressante di come la percezione della realtà sia plasmata dalla sua narrazione. La mostra presenta opere che fondono la tradizione artistica – vetro colorato, intaglio, pittura e intarsio – con moderni interventi tecnologici, innescando una conversazione dinamica e contraddittoria tra tecniche antiche e la precisione delle macchine laser o il bagliore dei LED.
Il titolo della mostra racchiude questa dicotomia, giocando sul doppio significato di “raggio”: da un lato, l’ostruzione fisica, come nel riferimento biblico al raggio che oscura la visione della realtà; dall’altro, il raggio come raggio di luce, che simboleggia sia l’illuminazione che la potenziale distorsione della luce laser. L’altra parola chiave del titolo è “albero”, con un esplicito riferimento al giardino che invade sottilmente l’intero spazio espositivo, un Eden immaginario che metaforicamente fiorisce e si dispiega in una vasta foresta di storie.
 
La prima sala ospita Matelda, un’installazione luminosa di grandi dimensioni in cui vecchie finestre e cornici sono intrecciate per creare un immenso giardino allegorico. Accanto al grande polittico, le copertine di alcuni dei libri di Matelda sono riprodotte a matita su cassette VHS, audiocassette, CD, DVD, schede di memoria e iPhone, tutti dispositivi utilizzati per proteggere e riprodurre immagini e storie.
Al secondo piano, nella prima sala, sono esposti pannelli originali in legno incisi al laser con interventi disegnati e dipinti. Questi grandi dipinti alternano immagini rassicuranti di interni o piante a scene di desolazione o gesti eroici. Mastrovito intreccia le rappresentazioni della tranquillità quotidiana con l’interruzione caotica della guerra, riflettendo sulla potente influenza che le narrazioni dei conflitti esercitano sulla nostra memoria collettiva e sulle nostre identità personali (come citato anche in Matelda, dove il soldato è intento a leggere).
L’ultima sala contiene l’installazione principale che dà il titolo alla mostra, una vera e propria foresta di faggi. Il faggio, simbolo di conoscenza e malinconia, nella mitologia greca ospitava le driadi, ninfe arboricole capaci di vivere al suo interno e allo stesso tempo di allontanarsi liberamente da esso. Attraverso l’arte dell’intarsio, Mastrovito immagina un nuovo giardino dell’Eden in cui la narrazione di Adamo ed Eva si intreccia con la condizione dei rifugiati di oggi, fondendo il racconto biblico con un esodo moderno nelle stesse regioni in cui queste storie riecheggiano.

Ufficio stampa

Piera Cristiani

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