Storia dell’Acrilica: come Joe Colombo trasformò un prodigio tecnico in emozione estetica

fonte articolo e foto – domusweb.it – silvana annicchiarico

Disegnata insieme al fratello Gianni, prende il nome dal metacrilato: in questa lampada quello che comunemente chiamiamo plexiglass fu usato in un modo che non si era mai visto prima.

Il design, per lui, era prima di tutto “immaginazione del possibile”. O prefigurazione del futuro. Figlio della pop art e della cultura della plastica, influenzato in modo non superficiale dalle suggestioni futuristiche della science-fiction degli anni ’60, Joe Colombo – che amava autodefinirsi “creatore dell’ambiente futuro” – incarna l’aspetto più prometeico e innovativo del design italiano: tecnico e artista al tempo stesso, si misura in prima linea con le innovazioni della tecnologia e con la civiltà delle macchine, ma raccoglie e fa propria la loro sfida con un tratto di inconfondibile e peculiare visionarietà.

Lampada Acrilica, Joe Colombo, Oluce. Courtesy Oluce
Lampada Acrilica 281, Gianni e Joe Colombo, Oluce, 1962. Courtesy Oluce

La lampada Acrilica, progettata per Oluce assieme al fratello Gianni nel 1962, esattamente 60 anni fa, è uno degli esempi più emblematici della creatività progettuale e sperimentale di Joe Colombo: incassando e nascondendo una lampadina fluorescente alla base dell’apparecchio illuminante, Acrilica come per magia trasporta e trasferisce la luce alla sommità dell’apparecchio stesso grazie al metacrilato curvato ad alto spessore. Per il lighting design è una piccola rivoluzione: un prodigio tecnico che diventa emozione estetica. In quegli anni Gianni, fratello di Joe, stava studiando come si rifrangeva la luce sul perspex.

Lampada Acrilica 281, Gianni e Joe Colombo, Oluce, 1962. Courtesy Oluce
Lampada Acrilica 281, Gianni e Joe Colombo, Oluce, 1962. Courtesy Oluce

Ricorda Ignazia Favata, che di Colombo è stata prima collaboratrice e poi appassionata studiosa e custode del suo archivio: “Gianni prendeva dei cubi in metacrilato, li tagliava in diagonale, per sperimentare l’effetto della luce che si colorava, che diventava un arcobaleno. Joe invece non voleva il colore, voleva raggiungere la luce senza il colore”. Anche Joe sperimentava, continuamente. Prendeva dei fogli in metacrilato, in spessori diversi, li piegava a mano a mano, studiando le curvature e piegando il foglio fino a quando riusciva a catturare la luce. Quando la luce scappava, cambiava la curvatura. “La forma – conclude Favata – non era altro che il risultato dello studio e della sperimentazione sulla trasmissione del raggio luminoso. Dalla base fino al punto estremo della lampada”.

Lampada Acrilica, Joe Colombo, Oluce, 1962
Lampada Acrilica 281, Gianni e Joe Colombo, Oluce, 1962. Courtesy Oluce

Il metacrilato era utilizzato già da circa un decennio nel campo dell’illuminazione, ma di solito in sottili fogli tagliati o termoformati. I fratelli Colombo lo usano in maniera inedita: la forma e l’importante spessore del materiale curvato permettono, grazie alle proprietà di conduzione, che la luce della lampadina fluorescente contenuta all’interno della base in acciaio verniciato risalga lungo il corpo trasparente arrivando ad illuminare la testa. Inizialmente chiamata Colombo 281, la lampada viene poi denominata Acrilica proprio in omaggio al materiale di cui è costituita e allo straordinario utilizzo che ne viene fatto.

Joe Colombo. ©Ignazia Favata-Studio
Joe Colombo. Courtesy © Ignazia Favata-Studio

In occasione del 60° anniversario dell’invenzione di Joe e Gianni Colombo, Oluce – che è stata fondata nel 1945 da Giuseppe Ostuni ed è oggi la più antica azienda italiana di lighting design ancora operativa – propone una nuova speciale versione di Acrilica con basamento in marmo Portoro. Va da sé che la vecchia lampadina fluorescente è stata sostituita dalla tecnologia dei led.

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