fonte articolo e foto – wired.it – diego barbera
Ecco il perché di una memoria così piccola, sufficiente per una sola giornata di scatti
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Può suonare anacronistico, ma il nuovo telescopio orbitante James Webb Space Telescope (Jwst) salva tutto il proprio lavoro fotografico su una memoria di tipo ssd di appena 68 GB di capacità, qualcosa di appena sufficiente per appena una giornata di scatti prima di sovrascrivere con nuovi dati nella successiva sessione. Qual è il motivo di questa scelta? Che la collaborazione tra Nasa, Esa e agenzia canadese non sia andata al risparmio è chiaro, visto che uno spazio di archiviazione così limitato non si trova nemmeno più su smartphone sotto i 100 euro e questo performante strumento di osservazione è costato circa 10 miliardi di euro. In realtà, quella specifica ssd corrisponde alla scelta più ottimizzata che si poteva montare a bordo.
Le prime foto scattate dal nuovo occhio orbitante attorno alla Terra, il James Webb Space Telescope, hanno subito guadagnato gli onori delle cronache vista la migliore definizione e profondità rispetto a quelle seppur più che sorprendenti scattate dal vecchio e glorioso Hubble. Immagini così ricche sono rese possibili da un’ottica migliorata che da uno specchio di 2,4 metri sale a 6,5 metri e da una distanza maggiore rispetto al pianeta visto che da 570 chilometri si è passati a ben 1.5 milioni di chilometri ovvero al punto di Lagrange L2. Pur mantenendo una risoluzione simile a Hubble, James Webb può osservare oggetti fino a 100 volte meno luminosi, concentrandosi soprattutto nello spettro dell’infrarosso. Nonostante tutti questi miglioramenti, però, lo spazio di archiviazione a bordo è molto limitato ovvero 68 GB, dei quali il 3% sono destinati peraltro a telemetria e altri dati. Perché?
Perché non si tratta naturalmente di un ssd che si può acquistare su Amazon, ma di una memoria ottimizzata per sopravvivere a un costante bombardamento di radiazioni e a temperature di appena 50 gradi centigradi superiori allo zero assoluto. Di conseguenza, il componente è opportunamente schermato all’interno di uno scafandro protettivo ed è noto quanto si lavori al risparmio di grammi nell’invio di materiale nello spazio quindi si è scelta la minima archiviazione possibile per reggere il lavoro di una giornata. I gigabyte possono infatti essere riempiti in appena due ore alla massima velocità operativa (48 Mbps) e al contempo, James Webb può inviare verso la Terra dati a 28 Mbps in circa 4 ore durante la quotidiana finestra di comunicazione e in una giornata può trasferire 57 GB contro gli appena 1-2 GB di Hubble. Secondo le stime, il 10% dei 68 GB andrà perso per via di radiazione e uso intensivo nei prossimi 10 anni, lasciando un margine certo non così ampio a questo piccolo gioiello tech pronto a regalarci un nuovo sguardo sul cosmo.